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A tavola con i romani

Non so voi, ma io quando viaggio amo provare il cibo locale dei posti che visito perché penso che il cibo e il modo in cui viene preparato dica molto di quella popolazione.

Parlando di archeologia e popoli antichi, vi siete mai chiesti come mangiavano, per esempio, i Romani?
Da film e documentari abbiamo sempre la visione di grandi banchetti con uomini sdraiati che bevono vino, ma… cosa stanno mangiando? Quali sono i piatti della loro dieta?

Per prima cosa dobbiamo stravolgere il concetto a cui siamo abituati di “dieta mediterranea” perchè in realtà ha ben poco di mediterraneo e la maggior parte dei suoi alimenti di base provengono da molto lontano. Al tempo dell’impero romano non si conosceva il pomodoro, la patata, il caffè, il cacao, quasi tutti gli agrumi, non si estraeva lo zucchero. Non oso immaginare un mondo in cui non posso bere il mio caffè la mattina appena sveglia!

Nonostante questo i romani, come sempre, se la cavavano bene. Dalla Grecia avevano importato la vite, l’ulivo, il melograno, lo zafferano; dai commerci con l’Asia sono arrivati nel mondo romano il ciliegio, l’albicocco, il pistacchio e altra frutta secca; dall’Africa il melone.

Affreschi con immagini di fichi e melagrane dalla Villa
di Poppea ad Oplontis.
Le foto sono tratte dal profilo Instagram del Parco Archeologico
di Pompei

C’è da dire che gli ingegneri e gli architetti romani sono stati dei geni nella progettazione dei terreni agricoli, strutturati in modo tale da poter essere sfruttati al meglio. Inoltre, avevano ideato dei sistemi di irrigazione fenomenali, i monumentali acquedotti che portavano acqua ai campi e alle città. Erano degli ottimi allevatori: di maiali per la carne (anche loro del maiale non buttavano via niente e riuscivano a impiegare ogni parte per diversi usi), di volatili per le uova, di ovini per i formaggi, di cui erano produttori veramente eccezionali. Allevavano anche pesci e molluschi, i buongustai romani.
Avevano studiato anche dei modi veramente efficaci per la conservazione e trasporto dei cibi, che venivano essiccati, affumicati, immersi in salamoia, e che quindi si diffondevano per tutto il vastissimo impero.

Ma quali erano quindi le loro abitudini alimentari? Non così diverse dalle nostre: 3 pasti al giorno e qualche spuntino! La colazione era a base di pane, formaggio e frutta secca ma non disdegnavano anche qualche biscotto. Il pranzo, appunto da prandium, era un pasto veloce, fatto di cibo freddo, focacce e formaggi, mentre la cena era il pasto principale e, come accade anche oggi, era un momento di incontro con gli altri componenti della famiglia o l’occasione per vedere amici e parenti.

Anche nel mondo romano esistevano pasti che si svolgevano in modo diverso e più sontuoso a seconda delle occasioni: compleanni, ricorrenze speciali quali ad esempio matrimoni e anche funerali. In occasione delle feste religiose si sacrificavano agli dei grandi e piccoli animali e le loro carni venivano poi in parte distribuite tra i partecipanti al rito.
Il pasto condiviso era lento, fatto di antipasti, ricchi secondi e dolci, pieno di chiacchiere e brindisi, un po’ come accade oggi nelle grandi cene con mille parenti al sud Italia! Gli antipasti si componevano di uova, olive, verdure, poi si mangiavano polente, sformati, carne e pesce e infine si concludeva con dolci e frutta, fresca e secca, tutto accompagnato da vino, ovviamente. 

Ciotola contenente resti di uova, proveniente dagli scavi di Pompei e conservata al Museo Nazionale di Napoli
Foto dalla pagina facebook “ArcheoRicette”

Sicuramente la base della dieta era costituita da tre alimenti: il pane di frumento, il vino e l’olio d’oliva. Uno degli assi portanti dell’alimentazione romana era però costituito dai legumi; grande importanza avevano le verdure. In un primo tempo il cereale principale era stato il farro, sostituito dal frumento nel II secolo a.C.: da questo momento prende piede l’uso del pane, realizzato in tante tipologie diverse, con l’aggiunta di semi e aromi, di varie forme e dimensioni.

Qualche mese fa, il magnifico Alberto Angela, diffonde la notizia di un incredibile episodio: nel 2018, durante le riprese per il suo altrettanto magnifico programma di divulgazione, nota nei magazzini del Museo Archeologico di Napoli uno strano reperto. Lo analizzano gli esperti e scoprono che si tratta di una bottiglia di vetro proveniente dagli scavi di Pompei, che conserva resti di olio d’oliva, precisamente l’olio di oliva più antico del mondo! Pensate che emozione!
Dietro, una forma di pane, rinvenuta in uno stato di conservazione talmente perfetto che sembra solo che sia stata dimenticata troppo nel forno…
La foto è tratta dalla pagina facebook di Alberto Angela

Ma sapete cos’altro si faceva con il frumento? La pasta, non secca come la nostra, ma nella forma fresca, che si cuoceva poi probabilmente in brodo o al forno. La pasticceria era molto raffinata, dolci si potevano trovare sia come “cibo da strada” che in casa, ed erano dolcificati con miele e mosto. Salse e spezie accompagnavano le pietanze: uno dei condimenti più famosi della tavola romana era il garum, ricavato da un complesso procedimento di macerazione del pesce con spezie ed erbe aromatiche (vi sfido a non dire che schifo). Il vino doveva essere molto diverso dal nostro: il processo di lavorazione era molto lungo, il mosto veniva cotto con varie sostanze aromatiche e spezie e la consistenza finale un po’ liquorosa; non veniva mai bevuto puro, perchè la gradazione era molto alta, ma veniva servito super annacquato.

I romani, soprattutto quelli di alto rango, non amavano andare a mangiare nelle osterie e nelle taverne (thermopolia o popinae), che consideravano luoghi sporchi e volgari, a meno che non fossero costretti da situazioni di viaggio, oppure erano frequentate da chi non aveva abbastanza spazio in casa propria per un banchetto con molte persone.

Un Termopolio o, se preferite, locanda, dalla Regio V di Pompei. Questo è un caso molto speciale perchè decorato con bellissime immagini di una Nereide a cavallo. Solitamente erano molto più semplici.
La foto è presa dal profilo Instagram del Parco Archeologico di Pompei

Gli scavi archeologici, in particolare quelli di Pompei ed Ercolano, ci hanno dato moltissime informazioni sulla cucina romana: sappiamo che non esistevano i camini per la cottura, che avveniva su bracieri o focolari, di varie forme e dimensioni. Avevano i “piani cottura” costruiti su un podio con alla base la legna per fare la brace, rivestiti in alto con piastrelle e con tanto di “fornelli” e griglie. In alcuni casi troviamo anche forni e lavandini, dotati di rivestimento impermeabile e tubo di scarico.

Alle tavole dei più benestanti era prevista una vera e propria etichetta: si deve ai romani la superstizione che porti sfortuna rovesciare il sale (era un alimento molto pregiato e costoso, quindi si doveva pur trovare un buon deterrente allo spreco). Una specie di “regolamento del banchetto” è stato trovato dipinto sulle pareti del triclinio, l’equivalente della nostra sala da pranzo, di una casa di Pompei: lo schiavo doveva lavare e asciugare i piedi dei commensali, gli invitati dal canto loro dovevano evitare comportamenti scorretti, come ad esempio guardare in modo lascivo la moglie di qualcun altro (mi sembra anche il minimo della cortesia!), i posti erano assegnati a seconda del rango e, considerato che si restava sdraiati per quasi tutta la sera, è facile comprendere perchè fosse importante il “posto a tavola”.

Le donne partecipavano al banchetto, era apprezzato il loro saper conversare ma non dovevano scadere nella civetteria, il bon ton suggeriva di evitare gli eccessi sia nel mangiare che nel bere e, soprattutto, Ovidio nell’Ars Amatoria, raccomanda loro di non addormentarsi mai… chissà cosa poteva accadere a una donna indifesa dopo un banchetto e una quantità indefinita di vino!
Si mangiava per lo più con le mani anche se esistevano utensili, come i cucchiai per le minestre. Ai romani non piacevano i cibi duri o croccanti, amavano invece i gusti in contrasto, per esempio la carne con miele o i dolci speziati.

Dipinto di banchettanti da una casa di Pompei
Foto dal profilo Instagram del Parco Archeologico di Pompei

Ma ovviamente il cibo non era uguale per tutti: la dieta delle classi sociali più povere era quasi completamente vegetariana, senza spezie e condimenti pregiati, cosa che non stupisce affatto, anche oggi del resto carne, pesce e spezie sono cibi più costosi. Sicuramente nelle case più povere non c’era un vero triclinio con sontuosi divani su cui sdraiarsi e i pasti venivano consumati in un’atmosfera più frugale.

Possiamo dire in conclusione che quello che ha fatto veramente grande la cultura romana è il suo saper assimilare la parte migliore dei popoli con cui entrava a contatto e questo vale anche per il cibo, infatti hanno saputo apprendere e fare proprie alcune modalità di coltivazione e di preparazione degli alimenti. La spiccata curiosità dei romani ha permesso anche lo svilupparsi dei commerci di prodotti orientali e africani. Questo loro senso di voler scoprire e apprendere sempre dal mondo esterno, l’insaziabile desiderio di conoscere e sperimentare, l’apertura verso il nuovo, sono tra le caratteristiche che mi sono sempre piaciute di più di questo popolo, caratteristiche che avremmo ben visibili sotto gli occhi se fossimo invitati al banchetto in casa di un benestante romano.

Tanya Spasari

PS. Anche l’immagine di copertina è tratta dal profilo instagram del Parco Archeologico di Pompei