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Auguri, Faber

Oggi sarebbe stato il tuo compleanno e voglio celebrarlo parlando di te. Fabrizio De André è stato fra i più importanti, influenti e sicuramente innovativi cantautori del panorama italiano. Noto anche con il soprannome “Faber”, sapete chi glielo diede? L’amico Paolo Villaggio, sia per l’assonanza con il suo nome, sia per la sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell!

Parlare di De André è sempre un “rischio”, rischio di dire troppo poco, rischio di non far comprendere abbastanza.

Fabrizio De André è stato il poeta degli ultimi, degli emarginati, degli esclusi. Detesta i benpensanti e gli ipocriti. Il suo era un messaggio di riscatto, libero pensiero e anarchia. Le sue non erano semplici canzoni, erano poesia in forma di ballata, rappresentando un livello artistico elevatissimo.

La sua poetica si ispirava a quella delle ballate medievali, unendo ad essa influenze di Leonard Cohen, Bob Dylan, la tradizione sarda, temi religiosi e la sua profonda conoscenza culturale. Una voce fuori dal coro, sincera, mai schiava delle mode.

Mario Luzi diceva che “Fabrizio De André è uno chansonnier, e lo è nel senso più vero: il senso in cui la poesia, il testo letterario e la musica convivono necessariamente”.

Le sue canzoni-opere sono dominate dalla sua incredibile capacità “pittorica” di rappresentare una scena, da una morale, che spesso emerge con sarcasmo, da un uso attento di musica e voce e da un rapporto complesso con la religione.

Faber, ci hai insegnato tanto, ci hai lasciati con le tue poesie immortali e per questo possiamo solo ringraziarti.

La ballata dell’amore cieco

Un uomo onesto, un uomo probo
Tralalalalla tralallaleru
S’innamorò perdutamente
D’una che non lo amava niente
Gli disse: “Portami domani”
Tralalalalla tralallaleru
Gli disse: “Portami domani”
“Il cuore di tua madre per i miei cani”
Lui dalla madre andò e l’uccise
Tralalalalla tralallaleru
Dal petto il cuore le strappò
E dal suo amore ritornò
Non era il cuore, non era il cuore
Tralalalalla tralallaleru
Non le bastava quell’orrore
Voleva un’altra prova del suo cieco amore
Gli disse: “Amor, se mi vuoi bene”
Tralalalalla tralallaleru
Gli disse: “Amor, se mi vuoi bene”
“Tagliati dai polsi le quattro vene”
Le vene ai polsi lui si tagliò
Tralalalalla tralallaleru
E come il sangue ne sgorgò
Correndo come un pazzo da lei tornò […]