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La natività dal gotico al contemporaneo

Sono molte le tematiche che si sono ripetute nel corso dell’evoluzione artistica, temi mitologici, d’amore, di morte. Considerando che siamo vicini a Natale oggi vedremo insieme alcune fra le più famose e interessanti rappresentazioni della natività dal gotico al contemporaneo.

Confesso, i dipinti rappresentanti “Madonne con bambino” o “madonne con bambino e san Giovanni” e amici simili, mi hanno perseguitato negli anni universitari, in particolar modo mentre studiavo per l’esame di Storia dell’arte moderna. Un incubo.

Però, studiando, analizzando e valutando mi sono sempre più resa conto del valore che svolgevano per la società in cui son stati composti e la bellezza effettiva di alcuni (non può piacere tutto!).
Quello che farò sarà una breve carrellata di alcune delle opere più famose che ritraggono il gruppo della Natività nei secoli, con eventuale piccolo commento critico.

Partiamo da uno dei massimi esponenti del gotico, Giotto. L’opera (1303-5) in questione si trova all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova, quest’immagine di Natività è molto realistica, quasi credibile.
Maria è una giovane donna che ha appena dato alla luce suo figlio, è sdraiata e provata dal parto, ma con una torsione pone il piccolo nella sua povera culla, incrociandone lo sguardo. Un gesto che qualunque madre riconoscerebbe come proprio. Il piccolo Gesù ha un viso adulto, difatti sarà soltanto nel Rinascimento che acquisterà aspetto e atteggiamento di un vero neonato.

Giotto, Natività dalle Storie di Cristo, Cappella degli Scrovegni – Padova

Un altro esempio (datato 1308-11) che possiamo citare è tratto da un grande polittico (una pala d’altare costituita da vari elementi accostati insieme) realizzato da Duccio di Buoninsegna e destinato al Duomo di Siena. In questa rappresentazione abbiamo un’immagine diversa di Maria, è quasi monumentale, col suo corpo allungato che contrasta con il telo rosso steso sotto di lei. I vari personaggi sono disposti in proporzioni gerarchiche. Una scena di devozione, che non trasmette altro che riverenza.

Duccio di Buoninsegna, Duomo di Siena

Non potendo citare tutte le rappresentazioni della Natività facciamo un salto avanti e arriviamo a Sandro Botticelli, il grande artista ha riprodotto il Santo gruppo in differenti versioni (come la Natività Mistica), ma qui vi citerò L’Adorazione dei Magi (circa 1475), non tanto per il quadro in sé, ma per un dettaglio che a me personalmente fa molta tenerezza: Giuseppe si trova nel punto più alto della scena, simbolicamente dietro Maria e il bambino, con la testa poggiata su una mano e li osserva.

Sandro Botticelli, Adorazione dei Magi, 1475 – Galleria degli Uffizi

Passiamo ora a uno dei miei rinascimentali preferiti, Tiziano; in particolare L’Adorazione dei pastori (1570).
In questo dipinto possiamo notare come il Bambino prenda sempre più le forme di un neonato, con i suoi “rotolini” e tenerezze. Un dettaglio però è divertente nella scena: un cagnolino che fa i suoi bisogni al centro della scena. L’intento di Tiziano era di dare un carattere più realistico alla scena, ma fu visto come oltraggio e disonore (su di te, sulla tua famiglia e sulla tua mucca) e fu cancellato; solo dopo anni e dopo il restauro il cagnolino fu riportato alla luce.

Tiziano, Adorazione dei Magi

Il prossimo esempio è più noto forse per la sua storia, che per il dipinto in sé: Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (1600) nota anche come la Natività palermitana di Caravaggio che fu trafugato nell’ottobre del 1969 e mai più ritrovato. La particolarità di quest’opera sta nel fatto che ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo; Giuseppe volge le spalle, ma si intuisce essere più giovane che come tradizionalmente raffigurato, la Madonna ha qui con le sembianze di una donna comune con un aspetto malinconico. Ciò che conferisce particolare drammaticità all’evento è il gioco di colori e luci che caratterizzano questa fase creativa del pittore.

Natività palermitana, Caravaggio

Per quanto riguarda invece l’Adorazione dei pastori (1689) di Charles Le Brun sicuramente vi è una diretta evocazione del divino, “Luce da Luce”. È il bambino a emanare la luce divina che farà accorrere i pastori nell’ampia capanna in cui è ambientata la scena, tra glorificazione e timore referenziale.

Adorazione dei pastori, Charles Le Brun (1689)

Facciamo un salto avanti nel tempo e arriviamo a Paul Gauguin.
L’arte non è più soggetta a committenze religiose, non è più legata a modelli, ma esprime l’animo dell’artista. Gauguin era in pieno periodo polinesiano e con Te tamari no atua – Il figlio di Dio (1896) rappresenta una Natività ispirata da ciò che lo circonda: Maria dorme distesa su di un letto in primo piano coperta da un pareo che sostituisce l’abito tradizionale, intorno al capo, contro il cuscino, si nota una aureola chiara. Anche Gesù dorme sereno, nelle braccia di un’altra donna e anche intorno al suo capo si trova una aureola chiara. Una scena tenera, familiare.

Paul Gauguin, Te tamari no atua – Il figlio di Dio (1896)

Henri Matisse, nel 1951, rappresenta non proprio una Natività, ma una Madonna col Bambino in semplici tratti neri. Un essenzialismo che trasmette quel che di fondo c’è in questa storia, una madre che abbraccia suo figlio, l’amore puro, la famiglia.

Madonna con bambino, Henri Matisse

L’ultima rappresentazione la cito perché non posso farne a meno, non verrà apprezzata o capita, ma secondo me è geniale. È una rappresentazione del designer Sebastian Bergne, la sua Natività ricorda un po’ i quadri di Piet Mondrian, visto che si basa esclusivamente su forma e colore.
I personaggi ci sono tutti: Maria, Giuseppe, Gesù, i tre re magi e un pastore, semplicemente sono resi ai minimi termini in forme cubiche.

Sebastian Bergne

Ci sarebbe moltissime opere da citare in questo breve excursus, opere di Leonardo, Michelangelo, Giorgione o Mantegna.
Ho voluto citare quelle che rappresentano, a parer mio, l’evoluzione artistica di questa scena.

 

@Noemi Spasari, 2020