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La tragedia nell’antica Roma

Dopo aver parlato della commedia nell’Antica Roma, oggi parliamo di tragedia.
Il caro Cicerone era un appassionato frequentatore di teatri e nei suoi (lunghi) scritti documenta l’evolversi del pubblico romano, da semplice spettatore che vuol fare vita sociale a una sorta di “critico” osservatore (tanto da fischiare agli attori che sbagliavano la metrica!).
E così la popolazione latina frequentatrice di teatri inizia ad appassionarsi anche alle tragedie, ovviamente più impegnate rispetto alle commedie.

Ovviamente quale miglior fonte d’ispirazione se non la perfetta tragedia greca?

Possiamo differenziare la tragedia latina in due sottogeneri:
– la fabula cothurnata, che generalmente ha ambientazione e argomento greco, e deve il proprio nome agli stivali a suola alta indossati dagli attori tragici greci, detti cothurni. La cothurnata si distingue per alcune caratteristiche peculiari come un certo gusto per l’orrido e la violenza, con abbondanza di scene macabre, cruente e violente in particolare nella produzione di Accio, Pacuvio e di Ennio, dei quali purtroppo non ci restano che frammenti;
– la fabula praetexta che è invece la tragedia di argomento romano, e che spesso era un adattamento dalle opere di tragediografi greci quali Eschilo, Sofocle, Euripide.

Sempre secondo la testimonianza del buon vecchio Cicerone, la prima rappresentazione di una cothurnata risalirebbe al 240 a.C., e sarebbe ad opera di Livio Andronico, ma la datazione è ancora in gran parte discussa.

Lucio Anneo Seneca
Il buon vecchio Seneca si è stoicamente dedicato anche al teatro, componendo (almeno per quanto ci risulta ad oggi) nove opere del genere della cothuranta e un’unica superstite di praetexta, Octavia (ma anche su questa ci son dei dubbi).

Un’ipotesi probabile è che le tragedie di Seneca fossero destinate soprattutto alla lettura, ma ciò non toglie che potessero comunque essere rappresentate in scena, anche considerando la macchinosità e la spettacolarità di alcune scene. Le vicende narrate si configurano come scontri di forze contrastanti e un conflitto fra la ragione e la passione in una realtà dai toni cupi e atroci.
C’è una figura in particolare delle tragedie senechiane che va messa in risalto, che è quella del del tiranno sanguinario e bramoso di potere, chiuso alla moderazione e alla clemenza, tormentato dalla paura e dall’angoscia, un despota che offre spunto al dibattito etico sul potere, che sappiamo essere importantissimo nella riflessione di Seneca.

Fra le tragedie senechiane ricordiamo Medea, ispirata all’omonima tragedia di Euripide e narra la cupa vicenda della principessa della Colchide; Oedipus, dall’Edipo re sofocleo; Troades probabilmente ispirata da due drammi euripidei, Le troiane e l’Ecuba.

Vi è inoltre anche un dramma satiresco attribuito a Seneca dal titolo Apokolokyntosis o anche Ludus de morte Claudii.

Noemi Spasari