L’Assemblea Costituente era l’organo legislativo elettivo preposto alla stesura di una Costituzione per la Repubblica. Questo organo diede vita alla Costituzione della Repubblica Italiana. Era formata da 556 membri. 21 di questi erano donne.
Dopo aver parlato di Nilde Iotti, Bianca Bianchi e Teresa Mattei, oggi approfondiamo insieme la figura di Lina Merlin, all’anagrafe Angelina (1887 – 1979).
Lina Merlin, come tutte e 21 quelle donne che hanno fondato la nostra (oggi un po’ traballante) Repubblica, è stata tante cose: un’insegnante, un’appassionata politica, una lottatrice impegnata a favore dell’affermazione dei diritti senza distinzioni e a difesa dei più deboli.
Nasce a Pozzonovo, in provincia di Padova, il 15 ottobre 1887, in una famiglia numerosa della borghesia progressista. A vent’anni inizia a lavorare come maestra a Padova.
Nel 1919 si iscrive al Partito Socialista Italiano e inizia a collaborare con il periodico “La difesa delle lavoratrici“, di cui in seguito assumerà la direzione e per cui scrive articoli sul diritto di voto, la condizione femminile, la prostituzione: “Quando la donna comprenderà ch’ella è parte, e non la meno trascurabile, della classe degli sfruttati, parteciperà alla lotta contro il regime che la opprime” (marzo del 1922).
Si ritrova a collaborare con il deputato socialista Giacomo Matteotti e dopo il suo assassinio, Lina viene arrestata cinque volte in meno di ventiquattro mesi.
Lina era una maestra, amava esserlo. Lavora come maestra fino al 1926 quando fu estromessa dall’insegnamento per essersi rifiutata di prestare giuramento al fascismo. Inoltre, il suo nome viene iscritto nell’elenco dei “sovversivi” affisso nelle strade di Padova.
Si trasferisce a Milano e inizia a collaborare con Filippo Turati, ma viene arrestata e condannata a cinque anni di confino in Sardegna. Ma anche questo allontanamento forzato non fermerà la sua indole: riesce a conquistare il rispetto e la fiducia degli abitanti, soprattutto delle donne, ad alcune delle quali insegnerà a leggere e a scrivere.
Tornata a Milano nel 1930, prende parte ad azioni di guerra partigiana, rischiando più volte la vita e venendo anche catturata dai nazisti.
Nel settembre del ’43 entra nella Resistenza e organizza con altre antifasciste i “Gruppi di Difesa della donna”. Inoltre, è stata fra le fondatrici dell’Unione delle Donne italiane.
Nel 1946 viene eletta all’Assemblea costituente e chiamata a fare parte della commissione incaricata di redigere la Costituzione italiana.
I suoi interventi nel dibattito costituzionale saranno fondamentali per la tutela dei diritti delle donne: è proprio a lei che si devono le parole dell’articolo 3: “Tutti i cittadini…sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso”, parole con le quali veniva posta la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna.
Lina Merlin fu la prima donna a parlare in Senato, il 10 giugno 1948.
Fra le cose per cui è più nota c’è ovviamente la “legge Merlin” per l’abolizione della prostituzione, la sua proposta (poi approvata il 20 febbraio 1958) vedeva l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia, che comportava la chiusura delle “case di tolleranza” e l’eliminazione della schedatura delle prostitute.
Nella sua attività parlamentare ha dedicato tutto il suo impegno al miglioramento della condizione femminile, sempre con grande tenacia, coerenza politica e serietà.
Anche se fortemente esortata a ricandidarsi alle elezioni del 1963, Lina Merlin si ritira dalla vita politica a settantasette anni, dedicandosi invece a scrivere la sua autobiografia, ripercorrendo un’esistenza di impegno sociale e di battaglie per la libertà. L’autobiografia verrà pubblicata solo nel 1989, dieci anni dopo la sua scomparsa, per iniziativa di Elena Marinucci, anche lei senatrice socialista.
A ottantasette anni fece parte del comitato promotore del referendum abrogativo della legge che nel 1970 introdusse in Italia il divorzio.
Muore a Padova il 10 agosto 1979 a due mesi dai suoi 92 anni