Vite che si intrecciano, storie straordinarie che diventano ordinarie, sorelle, madri, amori, gioie, dolori, colori. Questo e altro è Ragazza, donna, altro il racconto polifonico di Bernardine Evaristo.
Uso con consapevolezza il termine “polifonico” per descrivere questo libro, perché è l’aggettivo che meglio può descrivere queste storie, questi racconti corali.
Il romanzo copre un arco temporale che va dall’inizio del Novecento fino ai giorni nostri e racconta le vite di dodici donne. Dodici donne nere inglesi. Sono donne di età, etnia, provenienza, estrazione sociale, orientamenti diversi. Ma sono accomunate dalla lotta alla vita, sono coraggiose, sono ambizione, sono uniche.
Ragazza, donna, altro sono tanti sguardi anticonvenzionali (passatemi il termine) che si uniscono in un coro; è un’opera “politica” nel vero senso del termine, che apre gli occhi su tante realtà.
Amma, Yazz, Dominique, poi Carole, Bummi, LaTisha, seguite da Shirley, Winsome, Penelope e infine Megan/Morgan, Hattie, Grace. Dodici vite legate da un filo, da una parentela, una conoscenza, un amore, un’amicizia.
Amma dà il via alle danze e in qualche modo sarà sempre presente. Sin dalle prime pagine è chiaro come queste storie siano parte di una complessa struttura in cui ogni storia si muove da sé, ma allo stesso tempo diventa un tassello di qualcosa di più grande e complesso. I punti di vista sono numerosi e mutevoli, aprendo il romanzo a una moltitudine di temi e discussioni, di “scarpe” in cui camminare, di vite da vivere.
Un libro diverso dagli altri, che vuole andar contro il “tradizionale” e raccontare invece la vita vera, quella imperfetta, piena di gioie e dolori, di difficoltà e di meraviglia.
Un libro che consiglio a chiunque abbia voglia di aprire gli occhi.
Estratto da Ragazza donna altro
“Nessuno raccontava a gran voce di essere cresciuto in un palazzone di trenta e passa piani delle case popolari, con una madre vedova che lavorava come donna delle pulizie nessuno raccontava a gran voce di non essere mai andato in vacanza in vita sua, neanche una volta nessuno raccontava a gran voce di non aver mai preso un aereo, visto uno spettacolo a teatro o il mare, o mangiato in un ristorante, di quelli coi camerieri nessuno raccontava a gran voce di sentirsi troppo bruttoscemograssopovero o semplicemente fuori luogo, fuori contesto, un pesce fuor d’acqua”.