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The GrandMother of Performance Marina Abramovic

Se parliamo di performance art, quella corrente artistica che consiste in un’esperienza effimera e autentica sia per gli artisti che per il pubblico, un evento irripetibile e unico, il pensiero immediato va a Lei, la regina di questa arte: Marina Abramović. Lei stessa si è autodefinita la «nonna della performance art», per sottolineare la portata rivoluzionaria del suo modo di intendere la performance artistica che, nel suo caso, prevede spesso la partecipazione del pubblico, sia a livello mentale che fisico. Con il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, mettendo in contrasto i limiti del corpo e le possibilità della mente.

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Chi è Marina Abramović?
Nata a Belgrado nel 1946, è un’artista serba, naturalizzata statunitense, i genitori erano partigiani della Seconda Guerra Mondiale, mentre suo nonno, un patriarca della chiesa ortodossa serba, fu addirittura proclamato santo!

Pensate che ricevette la sua prima lezione d’arte proprio dal padre all’età di 14 anni, quando chiese al genitore di comprarle dei colori: il padre arrivò con un amico con il quale iniziò a tagliare a caso un pezzo di tela, gettandovi sopra materiali e colori vari.

Studia prima all’Accademia di Belle Arti di Belgrado, poi a quella di Zagabria. In questi anni comincia a usare il corpo come strumento artistico e a dedicarsi al suono e all’arte performativa.

Nel 1973 porta in vita la sua prima performance Rhythm 10 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Borghese a Roma, in cui esplora elementi di ritualità gestuale.

Usando dieci coltelli e due registratori, l’artista esegue un gioco russo nel quale ritmici colpi di coltello sono diretti tra le dita aperte della mano (il gioco del coltello).

L’anno successivo presenta Rhythm 0 allo studio Morra a Napoli, qui l’Abramović si presenta al pubblico posando sul tavolo diversi strumenti di “piacere” e “dolore”; fu detto agli spettatori che per un periodo di sei ore l’artista sarebbe rimasta passivamente priva di volontà e avrebbero potuto usare liberamente quegli strumenti con qualsiasi volontà.

rhythm 0

Nel ’76 un incontro cambia e segna la sua vita: ad Amsterdam conosce il performer tedesco Uwe Laysiepen, meglio noto come Ulay. Entrambi nati il 30 novembre, sembravano essere destinati a conoscersi.

Fra loro nacque subito una forte intesa sentimentale e artistica, dando vita insieme a una serie di opere performative, segnando anni di amore e arte, un sentimento unico e indescrivibile.

Insieme realizzano la serie di opere Relation Works e hanno ideato il manifesto Art Vital, che definisce la direzione della loro pratica artistica. Tra le loro realizzazioni più note cito la performance Imponderabilia, tenuta presso la Galleria Comunale di Arte Moderna di Bologna: i due artisti, completamente nudi, erano posizionati l’uno di fronte all’altra all’ingresso di un passaggio molto stretto attraverso cui gli spettatori dovevano passare se volevano visitare il museo. Questa performance fu considerata scandalosa e fu interrotta dopo alcune ore dalle forze dell’ordine.

Il loro sodalizio artistico e affettivo prosegue per anni, fino al 1988. Due artisti del genere non potevano lasciarsi come due “persone normali”: la fine della loro relazione fu segnata da una performance, The Lovers. Intraprendendo una sorta di viaggio spirituale, i due hanno percorso, in solitaria, metà della Grande Muraglia Cinese, partendo dalle due estremità e incontrandosi a metà di essa.

Marina continua a viaggiare e a proporre nuove performance e ha “diffuso” il suo percorso artistico per aiutare le persone a entrare in contatto con la parte più profonda di sé stessi.

Nel 2010 al MoMA di New York presenta una delle sue opere più complesse The artisti is present che in tre mesi ha ripercorso le tappe della sua storia artistica, riportate in vita da performer “addestrati” da lei. In questi tre mesi l’artista sceglie di sedere immobile e in silenzio davanti a un tavolo per sette ore al giorno, a incontrare gli sguardi del pubblico, che quasi come in un solenne rituale pagano, le si avvicina lentamente e le si siede di fronte, per tutto il tempo che ritiene necessario.

moma.org

Chi non ha visto l’immagine di lei e Ulay toccarsi le mani e piangere seduti a quel tavolo? Ebbene, Ulay fu un visitatore inaspettato, l’artista alla sua vista non ha resistito e ha “infranto” le regole della performance spingendosi in avanti e stringendo le mani all’uomo che ha segnato una parte fondamentale della sua vita.

Il “Metodo Abramović” ha avuto luogo a Milano presso il PAC di via Palestro, parteciparono tantissimi sostenitori nel mondo dell’arte fra cui Lady Gaga. La performance consisteva nell’entrare nel mondo del silenzio, lontani dai rumori, rimanere soli con se stessi e allontanarsi per poche ore dalla realtà.

Non stupisce sapere che Marina ha già preparato la sua ultima performance: GrandMother Of Performance avverrà solo il giorno del suo funerale. Quel giorno ci saranno tre bare e ciascuna sarà mandata in una delle tre città che hanno segnato la sua vita, quindi Belgrado, Amsterdam, New York. Solo una conterrà il corpo dell’artista, ma nessuno potrà saperlo.

Un’artista unica, che ha segnato il mondo dell’arte.

@Noemi Spasari, 2021