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Shakespeare Day: i sonetti del Bardo

William Shakespeare è probabilmente fra i nomi più noti del teatro, è stato un drammaturgo e poeta inglese, è considerato come il più importante scrittore in inglese nonché più eminente drammaturgo della cultura occidentale.

Di Shakespeare ricordiamo molto più spesso il suo teatro, con personaggi, modi di dire e situazioni passati alla storia.

Oggi ricorre l’anniversario di morte (e probabilmente anche di nascita) del Bardo e ho pensato di parlarvi, invece, dei suoi sonetti.

I sonetti di Shakespeare
I Sonetti (Shakespeare’s Sonnets) è il titolo che raccoglie una collezione di 154 sonetti di Shakespeare: questi fra le varie tematiche come lo scorrere del tempo, l’amore, la bellezza, la mortalità.  La storia editoriale dei Sonetti, come di molte altre opere, è un po’ complessa, quindi passo direttamente a una data certa.

L’opera fu pubblicata da Thomas Thorpe nel 1609 col titolo stilizzato SHAKE-SPEARS SONNETS. Never Before Imprinted.  La raccolta conta 154 sonetti divisi in 2 parti: la prima parte, fino al sonetto 126, è dedicata al “Fair youth”, un giovane di grandi virtù e di bell’aspetto che funge da perno attorno al quale l’intera raccolta si muove.

I restanti sonetti sono invece dedicati alla “Dark lady”, una figura che incarna l’esatto opposto dell’ideale petrarchesco di donna, al quale tutte le raccolte di sonetti scritte fino ad allora si ispiravano.

Il nostro caro William probabilmente scrisse i sonetti a partire dagli Novanta del Cinquecento, prestandoci maggior impegno soprattutto nel periodo di chiusura dei teatri di Londra (causata da una pestilenza tra 1592 e 1593).

La struttura dei componimenti
Come dicevamo il volume contiene 154 sonetti, questi hanno tutti lo stesso schema metrico: 14 pentametri giambici disposti in tre quartine in rima alternata più un distico conclusivo in rima baciata; questa era la modalità sonettistica inglese, che si differenziava da quella italiana, dove il sonetto si componeva di due quartine e due terzine. Vi faccio un esempio con uno dei sonetti più famosi, il n°18 :

Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer’s lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimmed,
And every fair from fair sometime declines,
y chance or nature’s changing course untrimmed;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou owest;
Nor shall Death brag thou wandr’st in his shade,
When in eternal lines to time thou grow’st:
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee.

Da questa struttura si diversificano tre composizioni: il sonetto 99 presenta un verso in sovrannumero, il sonetto 126 ha due versi in meno ed il 145 è composto da ottonari invece che decasillabi.

Vediamone insieme alcuni.

Sonetto n°26
In questo componimento, che appartiene alla prima sezione, quella dedicata al “Fair Youth”, al giovane ragazzo, il poeta esplora un’idea di amore in grado di far stare bene le persone con se stesse e come cura per ogni male: nei primi versi esprime il suo stato di crisi a causa della perdita della reputazione e del fallimento economico, che lo porta a vivere come emarginato e a lamentarsi, ma il pensiero dell’amore lo rende nuovamente felice e in pace.

Sonetto n°116
In questo sonetto troviamo la parola “marriage” nel primo verso, ma in realtà il tema centrale non è il matrimonio ma l’amore, anzi il “vero amore”: difatti, il “marriage of true minds” a cui il Bardo fa riferimento è in realtà una metafora per descrivere un amore sincero, costante e platonico, non fisico.

È per questo motivo che si pensa che questo sonetto parli del giovane uomo a cui parte dell’opera è dedicata.

La particolarità di questo sonetto, a parer mio, sta nel fatto che il tono calmo con cui ne parla il poeta lo fa sembrare quasi un inno in difesa dell’amore.

Sonetto n°130
Questo sonetto si differenzia dagli altri, in questo caso la protagonista è proprio la donna amata, ma non ne viene decantata la perfezione, bensì i suoi difetti.
Perché? Probabilmente per distaccarsi dall’ideale romantico della “Donna Angelo”. La donna descritta da Shakespeare non è una persona che “quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua devèn, tremando, muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare” (Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare), ma è una donna vera, reale che il poeta ama così com’è.

Vi ho parlato di alcuni dei Sonetti che più preferisco, ma il mio consiglio, come sempre, è di leggerli tutti!

Se vi interessa sapere qualcosa del teatro shakespeariano avevo scritto un articolo a proposito di Molto rumore per nulla.

Noemi Spasari